Siate riconoscenti: Gratis accepistis, gratis date
Siate riconoscenti: Gratis accepistis, gratis date
Siate
riconoscenti: “Gratis accepistis, gratis date”
Carissimi,
vi raggiungo con la mia tradizionale lettera estiva
che, quest’anno, simbolicamente apre il giubileo in occasione del
quattrocentoventicinquesimo di fondazione del Rotondi, che celebreremo in forma
solenne durante tutto il prossimo anno accademico.
Viviamo questo anniversario con profonda
riconoscenza: questo traguardo è frutto di una storia che ha conosciuto periodi
di gloria alternati a momenti di fatica e di fragilità, di impegni e sacrifici
di chi ci ha preceduto.
Festeggiando questo storico traguardo, che fa del
Rotondi la scuola cattolica paritaria più antica della nostra Nazione, mi rendo
conto che noi non possiamo vantare nessun merito se non quello di vivere la
grazia di questo traguardo. Noi stiamo scrivendo la storia attuale del Rotondi,
ma quattro secoli di storia ci hanno preceduto: dobbiamo conservare una
profonda riconoscenza e godere della gratuità di questo anniversario.
Per poter celebrare il giubileo del Rotondi con piena
consapevolezza, credo sia opportuno riflettere sul tema della riconoscenza e
della gratuità.
Sono
consapevole che sia un tema controverso e dimenticato. La riconoscenza come
esperienza della vita cristiana, come virtù, come stile di vita, non come un
fatto occasionale, è un tema dimenticato perché oggi viviamo in una società che
organizza le relazioni in modo meccanico e funzionale, nel senso che tutto è
finalizzato ad uno scambio: “do ut des”. Io ricevo un servizio e lo pago,
quindi non ho motivo di ringraziare perché quello che ricevo mi spetta.
Oggi chi parla di gratuità viene scambiato per
ingenuo o filantropico. La gratuità, laddove praticata, viene confusa (snaturandola) con il
«gratis».
La gratuità cristiana rimanda al greco charis:
grazia. La gratuità è infatti grazia, poiché è dono non solo per chi riceve
atti di gratuità, ma anche per chi li compie, poiché la capacità di essere
riconoscenti gratuitamente è qualcosa che dovrebbe accadere in noi in
modo naturale e istintivo. La gratuità che genera la riconoscenza è uno stile
di vita che abbraccia tutto il percorso dell’esistenza umana.
È
questa gratuità, che la nostra società capitalistica e consumistica non
conosce, che vorrei proporre come impegno di vita per festeggiare il giubileo
del Rotondi.
Francamente,
mi pare poco adatta la distinzione tra “non-profit” e “profit”: non esistono
ambiti della gratuità, ma ogni azione o istituzione è chiamata alla gratuità,
che è la cifra dell'umano: se una vita non è aperta alla gratuità non può
portare frutti di umanità. Per questo ritengo riduttivo e pericoloso
ridurre la gratuità al solo volontariato, all'economia sociale, e affidarla
solo al mondo della solidarietà caritativa cristiana.
Non
dobbiamo dimenticare che viviamo in un contesto storico che sottolinea il
primato dei diritti. Lo sentiamo anche nei discorsi dei politici dove si parla
spesso di un allargamento della piattaforma dei diritti: diritti biologici,
economici, diritti di tutti i tipi, snaturando così la gratuità, intendendola
sempre come un atto dovuto, svilendo così anche il primato dell’impegno, della
conquista e del merito e della perseveranza. Tutto sembra essere dovuto.
Il
tema della riconoscenza trova pochissimo spazio nella formazione, perché
l’educazione, che viene impartita anche attraverso gli esempi, sembra
presentare la nostra vita sociale organizzata in modo tale che non si debba
riconoscenza a nessuno: quello che abbiamo ci spetta, o al massimo è il
risultato di uno scambio alla pari. La riconoscenza viene spesso ridotta alla
semplice cortesia.
Non
si può parlare di riconoscenza dimenticando che è in stretto rapporto con la
relazione. Se la comunità scolastica o la famiglia mettono in secondo piano la
gratuità delle relazioni interpersonali, lo stile del “vivere con gratuità”
difficilmente cresce. La gratitudine ha alla base il rispetto del prossimo e la
custodia della dignità della relazione. La gratitudine non si dà se c’è
indifferenza, se c’è una sorta di concessione dall’alto in basso; non si dà
neanche dove si esibisce un potere. Se qualcuno esibisce la propria superiorità
la riconoscenza in qualche modo muore.
Ci
si educa e si cresce nella riconoscenza se si cerca di avere chiare le priorità
della vita e delle relazioni. La relazione è puro dono,è gratuità, è occasione
di scambio. Di fatto viviamo in una cultura che tutto mescola e
banalizza.
Come
è possibile educare alla virtù della
riconoscenza?
Occorre
saper dare la giusta importanza a segni e parole, cioè, trovare un nuovo stile
e linguaggio, verbale e non verbale, per manifestare riconoscenza. In questo
senso la riconoscenza comprende anche la sfera dei sentimenti e delle emozioni,
è una questione di cuore! Pensate a quando riceviamo piccole attenzioni che ci
fanno bene, sono segni di gratitudine implicita che ci riempiono di gioia. A
volte l’imbarazzo, la titubanza, la paura del giudizio ci inibiscono nel
trovare il giusto linguaggio per esprimere la gratitudine che sentiamo.
La
grammatica della riconoscenza si deve riappropriare di parole, espressioni e di
gesti che la manifestino. Quando esercitiamo la gratitudine siamo convinti che
sia un atto rivolto verso l’altro. In realtà, la riconoscenza è prima di tutto
un valore verso sé stessi, poiché è solo interiormente che le cose possono
essere significate. Solo se impariamo ad essere riconoscenti del dono della
vita, della salute, della libertà, della libera educazione, dell’amicizia,
della solidarietà e di tutti quei valori fondanti dell’etica cristiana potremo
abbracciare uno stile di via riconoscente. Il ritenere ovvi questi valori non
ci aiuta.
Tra
le cose che più si danno per scontate, ci sono il dono della vita e il lavoro
che ogni giorno compie il nostro corpo. Ogni alba è un dono, ogni giorno è una
grazia da non dare per scontata. Anche il dono della salute, condizione
necessaria per una vita serena, va valorizzato e apprezzato.
La
gratitudine verso chi ci ha generato alla vita e ci ha dato la possibilità di
compiere i primi passi è l’origine di ogni gratuità.
Nulla
è dovuto. Dobbiamo
prendere consapevolezza del fatto che niente di ciò che gli altri compiono
verso di noi è d’obbligo. Tutto è frutto del loro libero arbitrio e della loro
volontà. Educarsi a vivere la vita con riconoscenza e senza nessuna pretesa è
il presupposto per vivere la dimensione della carità come stile di vita.
In
economia, il concetto di gratuità è usato in modo ambiguo: come sinonimo di
gratis, senza prezzo, ma non per questo senza valore! Non tutto ciò che è
gratuito è gratis, tutto è originato da un impegno, è frutto di lavoro,
sacrificio; meglio ancora, ogni cosa dovrebbe essere oggetto di gratuità nel
senso etimologico della parola. Dobbiamo imparare a ragionare con la logica
della gratuità: anche ciò che paghiamo non è dovuto e può essere oggetto di
riconoscenza.
C'è
gratuità anche nell'azione di chi, come racconta Primo Levi, in un campo di
concentramento decideva di fare un «muro dritto», nonostante non fosse
utilizzato da nessuno e «non servisse a nulla». La gratuità è dunque una sorta
di trascendentale, una dimensione che può accompagnare qualsiasi azione. Per
questo essa non è il «gratis», anzi è proprio il suo opposto, poiché la
gratuità non è un prezzo pari a zero, ma un prezzo infinito, a cui si può
rispondere solo con un altro atto di gratuità (o dono). Confondendo gratuità e
gratis, non si sa valorizza la prima.
Dobbiamo
tornare a proporre uno stile di vita caratterizzato dalla
"gratitudine", e dalla "riconoscenza".
Grato
è chi mantiene ricordo costante e cordiale del beneficio ricevuto e la
gratitudine è un sentimento di affettuosa riconoscenza. “Ricordati di tutto
il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant'anni
nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi
nel cuore e se tu avresti osservato o no i comandi.” (Dt
8)
La
cultura contemporanea tende a indebolire la memoria rendendola fluida con il
rischio di cancellare le gioie e le fatiche del passato. Il ritmo di vita
impegnativo e incalzante, ricco di impegni, di appuntamenti e di stimoli,
rischia di farci dimenticare il cammino percorso dando tutto per dovuto e per
scontato. Della gratitudine si sta
perdendo traccia: tutto è servizio dovuto, retribuito, monitorato. Le varie
emozioni che possono emergere dal cuore sono difficilmente contemplate nei
rapporti interpersonali che siano famigliari, o lavorativi. Riconoscenza e
gratitudine sono due valori, la cui espressione permette di restituire valore a
ciò che di bello la vita dona. Essere riconoscenti arricchisce e
contribuisce a costruire il significato di eventi, azioni e persone che
costellano l’esistenza. Siamo educati a dire grazie fin da bambini. I genitori insegnano
a ringraziare dopo aver ricevuto un regalo o per essere stati destinatari di un
gesto gentile. “È buona educazione”. Crescendo, questa buona abitudine diventa
un automatismo, svuotandosi dal proprio valore e significato.
“Gratuitamente
avete ricevuto, gratuitamente date!” Al momento di
mandare in missione i suoi dodici apostoli, Gesù pronuncia quello che viene
definito il suo “discorso apostolico”. In questo discorso il Maestro dà agli
apostoli un precetto essenziale: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente
date!” (Mt 10,8). Gesù
esprime tutto il mistero di Dio e tutto il mistero dell’uomo, perché in questa
frase è sintetizzato l’ incontro fra la libertà di Dio che è amore infinito e
la libertà dell’uomo, creato per essere immagine e somiglianza di Dio e quindi
della sua gratuità generosa. Tutta la grandezza della grazia e della
gratuità liberamente donata e accettata è sintetizzata in quattro parole: “Gratis
accepistis, gratis date”. Dio non chiede nulla all’uomo, ma
contemporaneamente lo invita ad una accoglienza responsabile della gratuità
assoluta e sovrabbondante che genera gratuità.
Il
“dare gratuitamente” da parte dell’uomo non può mai prescindere dall’esempio e dalla concretezza
della gratuità di Dio. “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente
date!” è un invito ad imitare Dio. È la vocazione inscritta nel cuore di
ogni uomo, è la sintesi del desiderio del cuore, la chiamata ad essere immagine
e somiglianza di Dio: l’amore gratuito, la carità. Come ricorda il Concilio
Vaticano II nella Gaudium et spes: "l’uomo, il quale in terra è la sola
creatura che Iddio abbia voluto per se stessa, non può ritrovarsi pienamente se
non attraverso un dono sincero di sé." (par 24). Gesù
dà ai discepoli la chiave e il fondamento per interpellare la libertà di tutti,
vivendo loro per primi, con verità, la loro libertà.
In
questo giubileo non possiamo dimenticare la nostra patrona Maria, Madre di Dio,
la donna della grazia, ricolmata di grazia.
“Rallegrati,
piena di grazia!” sono queste le parole che l’angelo rivolge alla
Vergine, cambiandole il nome: lei è “tutta piena”, “la ricolma di grazia”!
Questa vocazione, Maria l’ha capita e accolta subito, aderendovi totalmente col
suo cuore senza nessun dubbio. L’annuncio dell’angelo manifesta in maniera
disvelata la gratuità eterna di Dio. Quando capisce che quello che è in gioco è
solo la grazia, (la gratuità) senza misura di Dio, Maria non oppone resistenza
e aderisce a questa gratuità, ai suoi disegni incomprensibili, alla sua onnipotenza
senza limiti.
La
gratuità di Dio, che in Genesi crea l’uomo a sua immagine e somiglianza, che
nell’Esodo lo salva dalle mani dei persecutori, che chiama Maria e dona a
Elisabetta una fecondità impossibile, è veramente la ragione che non ammette
misura o calcolo.
Dio
è esempio e modello di una vita gratuita: rifiutare questo dono è sinonimo di
negazione del gratuito. La negazione della gratuità sfocia nella negazione di
Dio stesso, così come sta avvenendo nei giorni nostri sostituendo Dio con la
società dei diritti, dove nulla è percepito come dono, neppure la vita.
Vogliamo
vivere questo anno come l’occasione propizia per educarci alla riconoscenza e
alla gratuità. Ci impegneremo a riconoscere il dono della grazia in totale
libertà educando gli studenti a riconoscere il dono e a superare il pensiero
del “tutto mi è dovuto”
Il tema dell’anno: Siate
riconoscenti “Gratis accepistis, gratis date” nella sua prima parte
riprende la lettera di san Paolo ai Colossesi (3:15). “Siate riconoscenti” è anzitutto un invito ad
assumere uno stile di vita senza nessuna pretesa, vivendo tutto come un dono e
una pura grazia per poter godere di tutti i benefici, anche quelli che
provengono dai “diritti”, come un puro dono.
Sempre San Paolo
esorta: “In ogni cosa rendete grazie, perché tale è la volontà di Dio
in Cristo Gesù verso di voi” (1 Tess.
5:18) La riconoscenza è un atteggiamento
interiore, sono i pensieri costantemente rivolti a Dio e, di conseguenza, pieni
di lode. Scrivendo: “In ogni cosa,
rendete grazia”, l’apostolo Paolo ci invita a dire grazie non solo per ogni
bontà di Dio di cui siamo coscienti nel corso del tempo, ma anche nei piccoli
contrattempi o nelle grandi prove, avendo una tranquilla fiducia in Dio e la
convinzione che “tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio”
(Romani 8:28).
Nella
seconda parte, il tema dell’anno riprende il mandato missionario di Gesù in
Matteo (Mt 10,8), secondo la
tradizione latina. “Gratis accepistis, gratis date” ci richiama
ad essere operatori di gratuità, dispensatori di gratuità. Non c’è nulla di più
grande del “gratis di Dio” ma la gratuità di Dio deve diventare anche la nostra
gratuità, la gratuità di cui siamo oggetto diventi gratuità in cui noi siamo
soggetto: cioè, che la gratuità di Dio investa la nostra libertà e il nostro
agire.
Carissimi alunni, nel prossimo anno, siete chiamati a
riscoprire la bellezza del vivere una vita segnata dalla gratitudine. Non date
nulla per scontato e non vivete con la logica della pretesa! Nulla vi è dovuto!
Siate riconoscenti a Dio per il dono della vita da custodire e da rendere
vivace attraverso la conoscenza e lo studio. Siate riconoscenti alla vostra
famiglia per avervi dato la possibilità di studiare al Rotondi. Sia la carità
esercitata anzitutto nelle proposte educative e pastorali l’ambito privilegiato
per vivere la gratuità come stile di vita che apre a una profonda
riconoscenza. Sia sulle vostre labbra la gratuità espressa attraverso il
ringraziamento: non stancatevi di ripetere l’espressione gioiosa del “grazie!”; sia il vostro cuore il luogo privilegiato per
generare gratuità.
Carissimi docenti, siete chiamati a educare alla
riconoscenza attraverso la conduzione di una didattica rigorosa che premiando
la costanza dello studio sappia evidenziare i talenti di tutti. Chiedete agli
alunni, attraverso lo studio, la virtù della perseveranza proponendo modelli di
uomini che con sacrificio e impegno hanno segnato il cammino culturale,
artistico e scientifico della nostra società. La gratuità della fruizione del
sapere non sia data per scontata. D’innanzi alla poca perseveranza e al poco impegno
nello studio, richiamate al dovere, e ricordate che nulla è dovuto. Non è una
certificazione, atto dovuto per chi ha qualche fragilità, a esonerare
dall’impegno dello studio o a garantire esonero da eventuali valutazioni non
del tutto positive o da debiti formativi.
A voi genitori e comunità adulta il compito di educare
attraverso l’esempio. Siate riconoscenti a Dio per il dono della vita dei
figli. Siate riconoscenti per i docenti e gli educatori che li stanno
accompagnando. Insegnate alle nuove generazioni l’arte della riconoscenza. C’è
una riconoscenza che non nasce dal fatto che qualcuno che ci ha fatto del bene
o ci è stato vicino, ma si manifesta quando un animo bendisposto percepisce
un’occasione per procurare una gioia o per illuminare la vita di qualcuno, per creare
un momento di bellezza. Chi riceve queste attenzioni può dire il suo grazie
semplicemente per aver ricevuto qualcosa di bello. Allora ci sono dei momenti
in cui si sente il bisogno di ringraziare qualcuno semplicemente per il fatto
che c’è, che esiste.
Personalmente sono profondamente riconoscente a Dio per
avermi concesso la grazia di accompagnare il Rotondi a celebrare questo
traguardo. Riconosco l’impegno, la passione, la dedizione dei miei
collaboratori che in pochi anni, dando credito alla mia convinzione e
determinazione, hanno portato il collegio a triplicare le iscrizioni. Sono
riconoscente alle famiglie che riconoscono nella proposta didattica del Rotondi
una valida proposta di crescita umana, e sono riconoscente alla Chiesa nella
persona dell’Arcivescovo che mi ha mandato in mezzo a voi.
Viviamo
l’anno giubilare del Rotondi con grande riconoscenza e con lo stile della
gratuità: non mancheranno occasioni per dimostrare riconoscenza e celebrare la
grazia, ma ogni giorno sia occasione per vivere la riconoscenza della
gratuità.
Concludo ricordando una frase di Johann Wolfgang Goethe:
“Quando incontriamo qualcuno che ci deve riconoscenza ce ne ricordiamo
subito. Quante volte invece incontriamo qualcuno verso il quale abbiamo un
debito di gratitudine e non ci pensiamo!”
Non
c’è nulla di più grande della gratuità. La gratuità è generatrice di gratuità.
Siate
riconoscenti!
Buon
anno scolastico a tutti.
Don Andrea Cattaneo
Gorla Minore 29-06-2023