Ha l'età, chiedetelo a lui!
Ha l'età, chiedetelo a lui!
Lettera del Rettore
Gentilissimi, desidero raggiungerVi durante la pausa estiva con la mia tradizionale lettera di presentazione della proposta educativa e del motto del prossimo anno nel quale celebreremo il 420mo anno di istituzione del Collegio.
Don Andrea Cattaneo
Un traguardo storico, segnato da grandi successi e gratificazioni, che hanno portato il Collegio ad essere riconosciuto come una delle migliori agenzie educative del territorio. Siamo l’istituzione scolastica cattolica più antica della provincia e seconda in Lombardia solo al Collegio Borromeo di Pavia, fondato nel 1561.
Sentiamo la riconoscenza profonda delle tante famiglie che hanno affidato ai nostri educatori i loro figli; percepiamo il profondo attaccamento di quanti riconoscono che il successo umano e lavorativo della loro vita sia dovuto anche alla formazione ricevuta in Collegio. Sono stati 420 anni non sempre facili! Il Collegio è sopravvissuto anche alla soppressione napoleonica degli istituti religiosi; in tempo di guerra fu trasformato in ospedale, ha superato le crisi economiche e la fatica vissuta negli ultimi anni. Ora il Collegio sta vivendo un momento di ripresa, ormai stabilizzata, e con orgoglio celebra un anniversario così significativo.
Per questo anno scolastico ho pensato di donare alla comunità educante e alle famiglie del Collegio come motto, “ha l'età chiedetelo a Lui”, prendendo spunto dal brano evangelico del cieco nato (Gv 9,1-41).
HA L’ETA’, CHIEDETELO A LUI! Così rispondono i genitori dell’uomo che era cieco ed è stato guarito da Gesù.
Dinnanzi alla domanda dei farisei su come mai il loro figlio, nato cieco, ora ci vedesse, la risposta dei genitori si presta a due interpretazioni.
Secondo la prima interpretazione, i genitori se ne lavano le mani, abdicando alla loro responsabilità e così preferiscono che il figlio se la sbrighi da solo! Certamente questo atteggiamento dei genitori non riscuote la nostra simpatia; anzi ci viene voglia di condannarli sui due piedi. Il comportamento di quei genitori, però, non è stato un caso isolato, perché succede anche oggi di assistere ad altri genitori che abdicano al proprio compito. Lo fanno, quando concedono tutto con la scusa che “è un bambino!”; quando non si danno regole chiare con la scusa che il bambino deve crescere nella spontaneità; quando si difendono sempre i figli con la scusa che è sempre colpa degli altri, che non sono bravi come il proprio figlio; quando non ci si preoccupa di che cosa vedano su internet con la scusa che i figli sono più abili dei genitori nel maneggiare i supporti digitali.
La seconda interpretazione corrisponde all’atteggiamento contrario: genitori iperprotettivi che non lasciano mai liberi un momento i figli, che si preoccupano di “occupare” tutta la giornata, togliendo ai figli la gioia di esprimere la loro esuberanza, di sperimentare nuove proposte. Sono i genitori che sentono sempre la necessità di difenderli e di scusarli.
Oggi educare è sicuramente uno dei compiti più difficili, ma tirarsi indietro è deleterio perché contribuisce a crescere una generazione, che ha come punto di riferimento solo sé stessa, ignorando la presenza degli altri, che non sono da considerare come rivali, ma fratelli. Allo stesso modo è rischioso educare le nuove generazioni continuando a difenderle anche nel momento dello sbaglio, donando loro la convinzione di potere fare comunque ciò che aggrada: tanto hanno le spalle coperte.
Lasciamo, dunque, ai nostri figli la giusta libertà che un cammino educativo richiede. I nostri ragazzi devono iniziare a sperimentare l’ebrezza ma anche la responsabilità della libertà. Torniamo ad educare ad una libertà responsabile, appunto: “ha l’età chiedetelo a lui!”
Non vuol dire abdicare alla nostra responsabilità educativa e genitoriale, ma significa aiutarli a crescere con la capacità di prendersi le responsabilità delle proprie scelte.
Genitori che difendono i figli, che a priori criticano un voto, un provvedimento o l’operato dell’insegnante non stanno compiendo il bene dei propri figli.
Genitori, che scusano o coprono gli errori dei loro figli, non li stanno educando ad una libertà responsabile.
Santa Teresa di Calcutta ha affermato: “I figli sono come gli aquiloni: insegnerai a volare ma non voleranno il tuo volo; insegnerai a sognare ma non sogneranno il tuo sogno; insegnerai a vivere ma non vivranno la tua vita. Ma in ogni volo, in ogni sogno e in ogni vita rimarrà per sempre l’impronta dell’insegnamento ricevuto.”
Insegniamo ai nostri figli l’arte del volo, permettiamo loro che nell’imparare possano fare qualche errore, non pretendiamo da loro la perfezione e aiutiamoli a capire i loro limiti. Solo se si capiscono i limiti, è possibile superarli.
Penso che sia necessario educare le nuove generazioni al valore della sconfitta e alla sua gestione. Dobbiamo aiutarli a costruire un’identità capace di avvertire che si può fallire e ricominciare senza che il valore e la dignità ne siano intaccati.
Educhiamoli a non passare “sul corpo” degli altri per arrivare primi, educhiamo all’arte del rispetto delle regole e del prossimo. Le regole, quando condivise e accettate, aiutano nel cammino di crescita. Il compito nostro di educatori è quello di educarli ad accettarle, anche quando sono scomode.
In questo mondo di vincitori disonesti, di prevaricatori falsi e opportunisti, della gente che si fa degli sconti liberamente, per raggiungere senza fatica il traguardo, noi dobbiamo educare ad una libertà responsabile, domandando continuamente ai ragazzi: “perché lo hai fatto? Che cosa ti ha spinto a fare questa scelta?” Ad una antropologia del “vincente disonesto” preferisco di gran lunga chi perde e chi è sconfitto con dignità e con coraggio.
Carissimi genitori, non abbiate paura di dare una buona educazione, anche se oggi dovete remare contro tante provocazioni che allettano i vostri figli. Domani vi diranno grazie! Imparate a chiedere ai vostri figli la spiegazione delle loro scelte, non preoccupatevi di difenderli o di spianare loro la strada. Ma, come i genitori del Vangelo, metteteli dinnanzi alla propria responsabilità e impareranno a misurarsi con la vita.
Lo stile educativo del Collegio sa innovarsi nella continuità della tradizione, nella consapevolezza che il progetto individuale dello studente sia il pilastro fondate della nostra istituzione.
“Non fa scienza, / sanza lo ritener, l’avere inteso”
Dante ci ricorda come non serva a nulla sapere una cosa, se poi non la si “trattiene”, se poi non la si fa propria, se non la si comprende. Comprendere vuol dire “com-prendere”, cioè mettere dentro, ricordare ed avere un bagaglio culturale che illumini l’esperienza del cuore. Noi siamo invitati a diventare “esperti” di educazione. Non ci basta essere formati, eruditi, accademici. Noi sentiamo l’esigenza di “fare esperienza” dell’educare. Solo l’esperienza, che deriva dalle tante ore passate in classe con i ragazzi, ci fa appassionare delle loro vite e del loro futuro. Solo così possiamo aiutare un ragazzo a diventare adulto.
Proprio in nome di una libertà responsabile da settembre inaugureremo alcuni “spazi didattici”, che metteremo a disposizione dei nostri alunni, spazi didattici che li aiuteranno ad esercitare il dono della libertà. Siamo ormai consapevoli che le competenze per il XXI secolo non si promuovono, ascoltando qualcuno parlare. La sola lezione frontale non è più in grado di mettere i nostri ragazzi in condizione di apprendere conoscenze e competenze che li aiutino a crescere.
Chiunque abbia messo al centro il bambino nei processi di apprendimento, si è dovuto scontrare con la rigidità di un ambiente d'aula pensato prevalentemente con una persona che spiega e gli alunni seduti, composti e passivi, a ricevere ed elaborare il messaggio. (Don Milani faceva lezione sotto il pergolato della Canonica di Barbiana).
Di esempi autorevoli ce ne sono molti, compresi quelli di quei docenti innovatori che quotidianamente, nella riservatezza delle proprie classi, cercano di cambiare il paradigma della scuola dell'insegnamento per favorire quella dell'apprendimento. É evidente che l'aula organizzata secondo la logica tradizionale della cattedra di fronte ai banchi, allineati, è indice di un'organizzazione basata su logiche trasmissive dove prevalgono i contenuti sulla centralità dell'individuo.
Il nuovo umanesimo pone al centro la persona nella sua specificità e unitarietà: tutti aspetti che il modello di scuola dell'era industriale fatica a promuovere.
L'ambiente di apprendimento è una priorità nelle Indicazioni nazionali: "l’acquisizione dei saperi richiede un uso flessibile degli spazi, a partire dalla stessa aula scolastica, ma anche la disponibilità di luoghi attrezzati che facilitino approcci operativi alla conoscenza per le scienze, la tecnologia, le lingue comunitarie, la produzione musicale, il teatro, le attività pittoriche, la motricità".
Per questo i nuovi spazi didattici che vedranno nella stessa aula la presenza di spazi zone allestite in modo diverso (lo spazio della ricerca personale sul tablet, lo spazio della condivisione su comode poltrone, lo spazio della presentazione su monitor interattivi, lo spazio per l’interrogazione, o aule dedicate ad una particolare tematica: creativity lab; melody suite; problem solving) aiuteranno i nostri studenti a esercitarsi nel creare un modello di apprendimento legato al loro impegno e alla loro libertà. I docenti partiranno non dalla presentazione della lezione quanto piuttosto dalla provocazione: “cosa ne sapete di questo argomento? Che conoscenza avete di questo autore?”.
È ovvio che questo nuovo metodo vuole educare i nostri ragazzi nell’esercizio della libertà responsabile. A loro chiederemo conto delle loro scelte e delle loro competenze. Chiederemo conto del loro operato, delle loro scelte andando a scoprire la motivazione che sta alla base.
L’educazione alla libertà diventa imprescindibile per la scuola. Diceva Gianni Rodari: “Vorrei che tutti leggessero, non per diventare letterati o poeti, ma perché nessuno sia più schiavo!” La schiavitù più grande di cui soffrono le nuove generazioni è proprio la troppa protezione degli adulti.
“Chiedetelo a Lui, ha l’età!”
Si! Ha l’età, compie 420 anni! Fidatevi del Collegio, di questa istituzione che Vi garantisce la libertà di scelta educativa. Voi avete scelto di affidare il cammino educativo e didattico a questa storica istituzione, fidatevi di chi il Collegio ha scelto per accompagnarli in questo percorso. La tradizione e l’esperienza acquisita in questi anni ci porta ogni giorno ad interrogarci su ciò che è bene per le nuove generazioni. Se non c’è fiducia non ci può essere alleanza educativa, se non c’è fiducia non possiamo educare alla libertà.
Come Rettore sento la grande responsabilità educativa nel confronto delle famiglie ma ancor più dei nostri ragazzi.
A voi carissimi studenti auguro un nuovo anno scolastico pieno di occasioni e ricco di opportunità educative e didattiche. Noi educatori e professori vi staremo accanto per insegnarvi l’arte della vita. Imparate la sincerità e la correttezza dell’agire. Il vero uomo non ha bisogno. Sa prendersi la responsabilità delle proprie azioni e sa motivare le sue scelte. Imparate a rendere conto a voi stessi e alla vostra coscienza prima di tutto e poi al vostro prossimo. La società di domani ha bisogno di studenti, che già da oggi progettino il loro futuro, coltivando attraverso uno studio attento ed approfondito i talenti da condividere a servizio del bene comune!
Siate fieri della scelta di libertà educativa, che i vostri genitori hanno fatto, iscrivendovi al Collegio; rendete ragione di scelta affrontando quotidianamente e con impegno lo studio. Accettate le correzioni di chi vi sta educando, non accettate chi vi vuole difendere a tutti i costi, apprezzate chi vi sa mettere dinnanzi alla responsabilità delle vostre scelte.
La storia centenaria del Collegio sarà scritta nei prossimi mesi anche da voi! Siatene fieri!
Cosa dice a voi il motto del prossimo anno?
Dopo il miracolo, il cieco viene condotto dai conoscitori e osservanti delle tradizioni. Essi dovrebbero essere quelli che sanno, che vedono; invece c’è divisione tra loro. L’ex cieco è chiamato a testimoniare in prima persona, è chiamato non più a riflettere sulla sua guarigione, ma su chi l’ha guarito!
La domanda dei farisei lo porta a scoprire la sua identità: diventa una persona libera di pensare senza pregiudizi, indipendente dalle pressioni altrui e capace di contraddire chi nega la realtà. É un uomo nuovo, che torna a rispecchiare il Volto di cui è immagine. Dopo di lui, vengono chiamati in causa i genitori, che alla fine interpellano direttamente il figlio. Potrebbe sembrare un modo di scaricare la responsabilità per paura. Secondo la mia interpretazione è un’occasione, che essi danno al figlio. per dimostrare quanto valga e quanto riesca a cavarsela da solo! È proprio questo che vi ricorda il nuovo motto: “avete l’età” imparate ad essere responsabili di voi stessi, noi vi accompagneremo in questo cammino.
Avete l’età! Vi insegneremo a diventare uomini e donne capaci di decidere secondo una morale retta e una coscienza critica. Non abbiate paura, non siete soli in questo cammino di crescita.
Avete l’età! Con la vostra presenza ci testimonierete come un ragazzo, per screscere onestamente, non abbia bisogno di genitori troppo protettivi, ma di genitori ed educatori che, insegnando l’arte del volo, sappiano accettare anche qualche sconfitta.
Avete l’età! Non correte troppo con il tempo! Vivete le opportunità che la vita riserva alla vostra età. Coltivate il desiderio di diventare grandi per “fare le cose che possono fare i grandi”. Non sentitivi troppo giovani e inadatti quando chi vi vuole bene vi propone scelte alte ed impegnative, perché chi ti vuole bene sa di cosa sei capace.
Alla fine del prossimo anno vorrei degli studenti, in base alla loro età, capaci di prendersi le proprie responsabilità e capaci di motivare le proprie scelte. I nuovi spazi didattici pensati per voi, che inaugureremo con il prossimo anno scolastico, vi aiuteranno in un cammino d’apprendimento più accattivante, dove il vostro impegno e la vostra responsabilità faranno la differenza.
Vi chiedo tanto, lo so! Ma so anche che “avete l’età, per questo ve lo chiedo”.